News

Bookmark and Share

Inibitori di PCSK9 nei pazienti con malattia renale cronica

Massimo Raffaele Mannarino, MD, PhD - Medicina Interna, Angiologia, Malattie da Arteriosclerosi, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Perugia

 

 

La malattia renale cronica (CKD) è associata ad un aumentato rischio di eventi cardiovascolari di tipo aterosclerotico(ASCVD) (1). A spiegare questa associazione sono i numerosi fattori di rischio condivisi tra le due patologie, quali diabete, ipertensione e dislipidemia, ma numerosi altri meccanismi, tra cui infiammazione cronica, malnutrizione, uremia e calcificazioni vascolari sono stati coinvolti in questa relazione (1). Diverse alterazioni del metabolismo lipoproteico sono frequentemente riscontrate nei pazienti con CKD. Essi presentano spesso concentrazioni più elevate di lipoproteine contenenti apolipoproteina B (ApoB), tra cui lipoproteine a bassa densità (LDL), lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) e lipoproteina (a), nonché basse concentrazioni di apo A-I (1). Le più recenti linee guida per la gestione delle dislipidemie suggeriscono che la CKD sia considerata come una delle condizioni associate ad un rischio “alto” o “molto-alto” di sviluppare ASCVD, raccomandando il massimo impegno per raggiungere livelli di LDL colesterolo al di sotto di 55 o di 70 mg/dl anche in prevenzione primaria nei soggetti con CKD (2). Nonostante tali raccomandazioni, la gestione della dislipidemia nei pazienti con insufficienza renale cronica rimane particolarmente difficile e spesso i pazienti non raggiungono i target raccomandati. Inoltre, diversi aspetti circa l’efficacia della terapia ipolipemizzante nel ridurre il rischio cardiovascolare dei pazienti con CKD avanzata rimangono da chiarire. Nei soggetti con malattia renale allo stadio terminale (ESRD) che richiedono emodialisi a lungo termine, le statine non hanno dimostrato la capacità di ridurre gli eventi cardiovascolari. (3-5) La differenza in termini di efficacia della terapia ipocolesterolemizzante nei pazienti sottoposti ad emodialisi potrebbe essere legata al fatto che essi abbiano condizioni di rischio cardiovascolare distinte rispetto alla sola aterosclerosi, come ad esempio il rimodellamento cardiaco e le anomalie degli elettroliti con conseguente aritmogenesi.

 

Al contrario, i pazienti con insufficienza renale meno grave sembrano avere un consistente beneficio dalla terapia ipolipemizzante. Ad esempio, una meta-analisi di studi condotti su pazienti con CKD non dializzati, sottoposti a trattamento con statine sia in prevenzione primaria che secondaria, ha riportato riduzioni degli eventi cardiovascolari, della mortalità cardiovascolare e della mortalità per tutte le cause (6). Nonostante gli effetti benefici dei farmaci ipolipemizzanti, l’incidenza di eventi cardiovascolari complessivi rimane elevata. Inoltre, la ridotta funzionalità renale può rappresentare un fattore di rischio di effetti avversi correlati alle statine, come la miopatia. Per tali ragioni, l’utilizzo di terapie ipolipemizzanti di combinazione e la possibilità di raggiungere target di colesterolo LDL molto bassi, come strumento per ridurre più efficacemente il rischio di ASCVD tra i pazienti con CKD, è vista con favore.

 

Un'analisi secondaria dello studio FOURIER (Further Cardiovascular Outcomes Research with PCSK9 Inhibition in Subjects with Elevated Risk) ha studiato il potenziale beneficio del trattamento con inibitori di PCSK9 (PCSK9i), per ridurre il rischio residuo tra i pazienti con ASCVD e CKD (7). Lo studio FOURIER ha randomizzato i pazienti con pregresso infarto del miocardio, precedente ictus non emorragico o arteriopatia periferica sintomatica e LDL-C >70 mg/dl o colesterolo non-HDL >100 mg/dl, già in trattamento con statina ad alta o moderata intensità, a ricevere un PCSK9i (evolocumab) o un placebo, facendo osservare una riduzione significativa dell'endpoint composito primario di morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus, ricovero per angina instabile o rivascolarizzazione coronarica nei pazienti trattati con evolocumab (hazard ratio: 0,85; IC al 95%: da 0,79 a 0,92) (8). Dei 27.554 partecipanti, 15.034 (55%) avevano CKD in stadio 2 e 4.443 avevano CKD in stadio ≥3 (16%); solo 208 pazienti avevano CKD in stadio 4. I pazienti con una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) <20 ml/min/1,73 m2 o precedente trapianto renale erano esclusi dallo studio. I partecipanti sono stati stratificati per eGFR e tassi di eventi e sono stati analizzati gli effetti della terapia.

 

I pazienti con insufficienza renale cronica più grave presentavano un’incidenza di eventi più elevata, tanto da fare osservare un rischio del 36% più alto tra quelli con CKD in stadio ≥3 rispetto a quelli con normale funzionalità renale. Dato che la rivascolarizzazione coronarica - parte dell'endpoint primario dello studio – è spesso controindicata nei pazienti con insufficienza renale, è stato esaminato, come endpoint secondario, il composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico o ictus, osservando un rischio significativamente maggiore per i pazienti con CKD allo stadio 2 (p = 0,04) e ≥3 (p <0,001). Le analisi sono state aggiustate per potenziali fattori di confondimento, tra cui età, ipertensione, diabete, fumo, intensità delle statine, trigliceridemia al basale e altre variabili, suggerendo che la CKD può essere un fattore di rischio indipendente per ASCVD.

 

Il beneficio relativo della terapia con evolocumab era simile tra le diverse categorie di eGFR. Le riduzioni degli eventi assoluti erano tendenzialmente maggiori per l'endpoint secondario che escludeva la rivascolarizzazione, ma non per l'endpoint primario, nei pazienti con CKD in stadio ≥3.

 

Questi dati confermano il beneficio di evolocumab nei pazienti con CKD, suggerendo un beneficio sostanzialmente simile tra quelli con eGFR >20 ml/min/1,73 m2 e forse un beneficio maggiore tra quelli con CKD più avanzata in termini di rischio assoluto.

 

Gli eventi avversi associati al trattamento sono stati più frequenti nei pazienti con CKD, ma non si sono verificate differenze nel confronto tra bracci di randomizzazione stratificati dall'eGFR. Questo rassicurante profilo di sicurezza è stato osservato anche in un precedente studio condotto in pazienti trattati con un altro PCSK9i, alirocumab. In tale analisi, l'alirocumab è stato associato a riduzioni di LDL-C e profilo di sicurezza simili nei soggetti con e senza CKD, ma nello stesso studio non erano compresi gli ASCVD come endpoint (9).

 

Nella loro analisi, Charytan et al. (7) hanno anche esaminato l'effetto di evolocumab sulla progressione della CKD. Analogamente a quanto riportato nelle precedenti meta-analisi, che avevano esaminato l'impatto delle terapie ipolipemizzanti sul danno renale (10), evolocumab non ha influenzato la perdita nel tempo della funzionalità renale.

 

Nel complesso, queste osservazioni evidenziano l'importanza della CKD come indicatore di rischio indipendente per ASCVD. Il trattamento con evolocumab si è dimostrato sicuro ed ugualmente efficace su tutti gli intervalli di eGFR >20 ml/min/ 1,73 m2. Poiché il rischio è più elevato tra i pazienti con insufficienza renale cronica grave e i benefici relativi appaiono simili, la presenza di CKD può contribuire a identificare gli individui in cui il beneficio assoluto della terapia può essere maggiore. Questo ha chiaramente un risvolto farmaco-economico rilevante se si pensa che le terapie con PCSK9i sono sostenibili solo nei soggetti a rischio cardiovascolare elevato, nei quali il numero di eventi prevenuti dal trattamento è significativo.

 

Nonostante i preziosi dati del FOURIER, numerose domande importanti rimangono senza risposta. Innanzitutto, i partecipanti allo studio FOURIER erano in prevenzione secondaria. Di conseguenza, non è noto se i benefici in tutte le fasi della CKD si estendano in pazienti a rischio più basso. In secondo luogo, poiché sono stati esclusi i pazienti con malattia renale terminale, le incertezze precedenti in merito al beneficio della terapia ipolipemizzante nei pazienti sottoposti a emodialisi rimangono irrisolte.

 

I prossimi passi potrebbero includere la progettazione di studi che utilizzino la CKD per una migliore definizione prognostica volta ad identificare i gruppi ad alto rischio che potrebbero trarre il massimo beneficio dalla riduzione aggressiva di LDL-C.

 

 

 

Efficacy and Safety of Evolocumab in Chronic Kidney Disease in the FOURIER Trial
Charytan DM, Sabatine MS, Pedersen TR, Im K, Park JG, Pineda AL, Wasserman SM, Deedwania P, Olsson AG, Sever PS, Keech AC, Giugliano RP; FOURIER Steering Committee and Investigators
J Am Coll Cardiol. 2019;73:2961-2970

 

 

BIBLIOGRAFIA

1. Gansevoort RT, Correa-Rotter R, Hemmelgarn BR, Jafar TH, Heerspink HJ, Mann JF, Matsushita K, Wen CP. Chronic kidney disease and cardiovascular risk: epidemiology, mechanisms, and prevention. Lancet. 2013 Jul 27;382(9889):339-52.
2. Mach F, Baigent C, Catapano AL et al., ESC Scientific Document Group. 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk: The Task Force for the management of dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and European Atherosclerosis Society (EAS). European Heart Journal, ehz455, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehz455
3. Wanner C, Krane V, März W et al.; German Diabetes and Dialysis Study Investigators. Atorvastatin in patients with type 2 diabetes mellitus undergoing hemodialysis. N Engl J Med. 2005 Jul 21;353(3):238-48.
4. Svensson M, Jardine A, Fellstrom B, Holdaas H. Prevention of cardiovascular disease after renal transplantation. Curr Opin Organ Transplant 2012; 17:393–400.
5. Baigent C, Landray MJ, Reith C et al.; SHARP Investigators. The effects of lowering LDL cholesterol with simvastatin plus ezetimibe in patients with chronic kidney disease (Study of Heart and Renal Protection): a randomised placebo-controlled trial. Lancet. 2011 Jun 25;377(9784):2181-92.
6. Palmer SC, Craig JC, Navaneethan SD, Tonelli M, Pellegrini F, Strippoli GF. Benefits and harms of statin therapy for persons with chronic kidney disease: a systematic review and meta-analysis. Ann Intern Med 2012;157: 263–75.
7. Charytan DM, Sabatine MS, Pedersen TR, et al., on behalf of the FOURIER Steering Committee and Investigators. Efficacy and safety of evolocumab in chronic kidney disease in the FOURIER trial. J Am Coll Cardiol 2019;73: 2961–70.
8. Sabatine MS, Giugliano RP, Keech AC, et al.; FOURIER Steering Committee and Investigators. Evolocumab and Clinical Outcomes in Patients with Cardiovascular Disease. N Engl J Med. 2017 May 4;376(18):1713-1722.
9. Toth PP, Dwyer JP, Cannon CP, et al. Efficacy and safety of lipid lowering by alirocumab in
chronic kidney disease. Kidney Int 2018;93: 1397–408.
10. Upadhyay A, Earley A, Lamont JL, Haynes S, Wanner C, Balk EM. Lipid-lowering therapy in persons with chronic kidney disease: a systematic review and meta-analysis. Ann Intern Med 2012;157:251–62.